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Museo Archeologico Provinciale "F.Ribezzo"
Ritrovamenti di Punta Serrone

 

Dal Mare al Museo

Mappa di Punta del Serrone

 La Scoperta

E' la più grande scoperta archeologica dell'estate che muore, in Italia e, per quanto ne sappiamo, anche fuori d'Italia. Rivela antiche opere d'arte ammirevoli, se pur frammentarie, che riemergono dal fondo del mare... sono gli ormai celebri "Bronzi di Brindisi": così scriveva Sabatino Moscati il 10 ottobre del 1992 sulla rivista "Archeo".

  La scoperta, come è noto, si deve ad una occasionale immersione del Ten. Col. dei carabinieri Luigi Robusto e di quattro subacquei, A. e G. Scorrano, T. Sciurti, G. Tamburrano che, il 19 luglio del 1992, nello specchio d'acqua antistante il Lido del Carabiniere in località Punta del Serrone, due miglia a nord dell'imboccatura del porto di Brindisi, si imbatterono in un piede bronzeo a circa 400 metri dalla riva e a 16 metri di profondità.

Già nel 1972 un altro piede di bronzo era stato recuperato in quello stesso specchio di mare e consegnato al Museo Provinciale "F Ribezzo" di Brindisi che dal 1971 rappresenta un solido punto di riferimento per l'archeologia subacquea del territorio.

Nel 1980 l'area di rinvenimento del piede bronzeo, appartenente ad una statua panneggiata di dimensioni maggiori del vero, fu oggetto di una sistematica campagna di prospezioni archeologiche. Ma l'inclemenza del mare e la mancanza da parte degli scopritori, di coordinate precise rispetto alla terraferma, resero infruttuose le operazioni.

Nel 1992 la tempestività della segnalazione e l'affidabilità dei punti topografici subacquei, consentivano di verificare con specifica competenza la rilevanza della scoperta che, già dalle prime immersioni ufficiali dei tecnici dello STAS (Servizio Tecnico per l'Archeologia Subacquea) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, si manifestava in tutta la sua portata storico-artistica e autorizzava la tempestiva programmazione da parte della Soprintendenza Archeologica della Puglia, di una immediata campagna di scavo, mentre l'intera area veniva posta sotto sorveglianza. Prontamente veniva richiesta la consulenza dell'Istituto Centrale per il Restauro relativamente ai primi interventi di conservazione, da effettuarsi presso il laboratorio di pronto intervento realizzato presso il Museo Provinciale di Brindisi.

 
Lo scavo

 Scavo subaqueo

   Lo scavo, diretto dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia, di intesa con lo STAS del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, fu affidato per la parte tecnica alla cooperativa Aquarius, coadiuvata dal GRAS (Gruppo Ricerche Archeologiche Subacquee> di Brindisi, con la costante collaborazione dell'Arma dei Carabinieri e della Provincia di Brindisi, che aveva messo a disposizione delle ricerche un mezzo nautico.

Le prospezioni subacquee effettuate dal 6 agosto al 2 settembre 1992 permisero di recuperare, in un'area di circa 300 mq., duecento frammenti bronzei di varia tipologia e dimensione che, con formale autorizzazione del Ministero, furono depositati presso il Museo Archeologico Provinciale "E. Ribezzo" di Brindisi. Contemporaneamente allo scavo presso il Museo Provinciale si allestì, ad opera dell'Istituto Centrale per il Restauro, un laboratorio di pronto intervento per il trattamento di desalinizzazione e di disidratazione dei materiali bronzei recuperati dal mare. Terminata la fase di pronto intervento e valutata la trasportabilità dei reperti bronzei, l'Istituto Centrale per il Restauro effettuò, già dal mese di novembre 1992, un programma di indagini archeometriche e di interventi conservativi sia presso i propri laboratori a Roma, sia nel laboratorio di restauro appositamente attrezzato dalla Provincia di Brindisi all'interno del Museo.

 

Diverso percorso avevano intanto seguito le due statue bronzee recuperate, il torso virile e la figura di un togato che, già al momento del recupero dal mare avvenuto il 2 settembre 1992, furono trasferite presso il Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana, nel quale erano stati restaurati, alcuni anni prima, i bronzi di Riace.

I materiali recuperati a Punta del Serrone, nella fattispecie sculture o porzioni di sculture in bronzo: parti anatomiche - teste, braccia, mani, piedi -, ma anche numerosi frammenti di panneggio, oltre alle due statue, dovevano sicuramente costituire il ricco carico di una imbarcazione.

 

Scorrendo il catalogo dei materiali recuperati ritroviamo:

due statue, di cui una raffigurante Lucio Emilio Paolo, il console romano che nel 168 a.C. trionfò nella guerra di Macedonia, e l'altra un civis romanus nelle vesti di togato; a queste si aggiungono due teste di personaggi con barba fluente, che riprendono il tipo figurativo del filosofo, databili fra il IV e il III sec. a.C.; due teste-ritratto di personaggi maschili di età imperiale romana, l'uno appartenente alla famiglia Giulio-Claudia dei primi decenni del I sec. d.C., e l'altra che presenta forti somiglianze con l'imperatore Caracalla; due immagini femminili di III-IV sec. d.C., oltre ad un'ala pertinente ad una statua di Vittoria, a numerosi frammenti di arti inferiori e superiori e a frammenti di panneggi.
Recupero Siamo quindi in presenza di un carico eterogeneo dal punto di vista cronologico, un carico di sculture smembrate già al momento dell'imbarco, come confermano le tracce di demolizione meglio evidenziate dalle operazioni di restauro. Ma anche un carico che doveva comprendere qualche statua pressoché intera, frammentatasi presumibilmente durante il viaggio.

 

E questo il caso della scultura raffigurante il console romano Lucio Emilio Paolo, ricomposta durante le operazioni di restauro da due pezzi: il torso e la testa, recuperati in due punti diversi dello scavo. Probabilmente, colta l'imbarcazione da una tempesta, la statua che faceva parte del carico, era caduta frammentandosi in più pezzi che erano rotolati in mare, in momenti diversi, arenandosi sui fondali. Un carico di pregio artistico intrinseco, anche se appare sempre più convincente l'ipotesi che doveva essere destinato a qualche fonderia per essere utilizzato per la fusione. Carico comunque rivelatosi troppo pesante per una imbarcazione che, nel suo viaggio a Nord di Brindisi, veniva sorpresa da un improvviso fortunale e, all'altezza del promontorio di Punta Penne, presumibilmente nel tentativo di trovare un riparo, sospinta dai forti marosi, perdeva in località Punta del Serrone parte del carico o verosimilmente, al contrario, se ne liberava in parte, per alleggerire il peso. In ogni caso, si ignora se l'imbarcazione abbia potuto proseguire indenne la sua navigazione.

 

Di certo, se naufragio c'è stato, questo non è avvenuto a Punta del Serrone. Nessun elemento recuperato nella campagna di scavo del 1992 è riconducibile all'imbarcazione che trasportava i bronzi. Lo stesso scandaglio, la piccola ancora in pietra, i frammenti di lamina in piombo, probabile rivestimento della chiglia, recuperati all'interno dell'area interessata dalle ricerche, non possono essere ricondotti con certezza all'imbarcazione che trasportava i bronzi.

 

Né le ricerche a largo raggio effettuate nel novembre 1992 dallo STAS, in collaborazione con l'Istituto Idrografico della Marina Militare, facevano registrare presenze riconducibili allo scafo o a porzioni di scafo.

 

Pertanto a tutt'oggi resiste l'ipotesi di un carico isolato, non riconducibile ad un relitto naufragato, anche se è da tener presente che i relitti adagiati sui fondali di media profondità, quale appunto quelli in cui si è operato a Punta del Serrone, sono soggetti alle azioni devastanti non solo del moto ondoso, ma anche della teredine che attacca in profondità il legno.

 

Allo stato attuale resta anche difficile stabilire con certezza l'epoca in cui sarebbe avvenuto il trasporto o il naufragio, ammesso che di questo si possa parlare; sicuramente non prima del III secolo d.C., epoca a cui si riferiscono i più recenti frammenti bronzei rinvenuti. Per quanto riguarda la provenienza del carico e quindi dell'imbarcazione, l'unica certezza è data dal fatto che sicuramente l'imbarcazione non proveniva da Brindisi. E' difficile credere, visto che il carico è stato rinvenuto subito fuori il porto di Brindisi, che una imbarcazione abbia potuto iniziare il suo viaggio in condizioni climatiche non favorevoli. E' più facile ipotizzare che l'imbarcazione, proveniente dalle più remote province dell'Impero, navigasse per risalire l'Adriatico e che, sorpresa da una tempesta, abbia trovato rifugio nel porto di Brindisi, non senza aver perso, durante il percorso, gran parte del suo carico.

 

Torso maschileIl restauro

  A scavo ultimato il torso maschile e la figura di togato furono trasferiti presso il laboratorio di restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana, mentre il resto dei frammenti bronzei, fra cui la testa maschile barbata, convenzionalmente detta del "Principe ellenistico", furono affidati all'Istituto Centrale per il Restauro di Roma.

Durante le operazioni di restauro si è evidenziata la corrispondenza delle linee di frattura fra la testa del "Principe" e il torso. Pertanto, dopo gli interventi di pulitura per via meccanica, lo svuotamento della scultura dalla terra di fusione e il consolidamento, si è provveduto a rimontare il torso con la testa del cosiddetto "Principe ellenistico" che, nel frattempo, era stato riconosciuto come ritratto del console Lucio Emilio Paolo.

 

 Recupero della statua di un personaggio togato

 Anche per la statua del personaggio togato i primi interventi si sono concentrati, come per tutti i reperti di provenienza marina, su una integrale desalinizzazione, collocando la statua in acqua demineralizzata. Si è proceduto quindi alla pulitura, alle integrazioni di alcune parti mancanti e al conseguente consolidamento per impedire, soprattutto, la corrosione ciclica del bronzo.

Le due statue

  Oggi, a restauro ultimato, la statua ritratto raffigurante Lucio Emilio Paolo, il console romano vincitore nel 168 a.C. della battaglia di Pidna in Macedonia, e la statua raffigurante il civis romanus nelle vesti di togato, vengono presentate insieme nel Museo Archeologico Provinciale "Francesco Ribezzo".

 Testa raffigurante Lucio Emilio Paolo

 Particolarmente opportuna ci è sembrata l'iniziativa di esporre nelle sale del Museo le due statue restaurate, in attesa che le ultime radiografie, da effettuare su tutti gli altri bronzi, restituiscano alla comunità brindisina l'intero carico di Punta del Serrone, che troverà la propria naturale e definitiva sistemazione nel Museo, là dove fu sottoposto ai primi interventi di conservazione e dove oggi sono tuttora in corso lavori di ristrutturazione di quegli spazi opportunamente progettati con impianti climatizzati.

 

 

 

  Le due statue restaurate

Referenze fotografiche:
Istituto centrale per il Restauro, Roma;
Laboratorio di restauro della Sopraintendenza Archeologica della Toscana;
G. Pennetta;
Fernando Zongoli.

 

 

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