La fontana grande, o Tancredi

Fontana Tancredi
(Foto Nolasco)
La fontana grande di Brindisi, più conosciuta come Tancredi, che si trova a brevissima distanza dal termine dell'antica via Appia, fu costruita in realtà dai Romani. Tancredi, conte di Lecce e ultimo re normanno, la fece solo restaurare nel 1192, a ricordo del solenne matrimonio celebrato quell'anno nella nostra Cattedrale tra il suo giovanissimo figlio Ruggero e Irene di Grecia, figlia dell'imperatore di Costantinopoli Isacco. L'anno prima Tancredi aveva nominato Ruggero coreggente del regno, e questo spiega la citazione dei due re nell'epigrafe che fu posta sulla fontana per memoria del rifacimento dell'opera:
ANNO DOMINICE INCARNATIONIS MILLESIMO CENTESIMO NONAGESIMO SECVNDO/ REGNANTE DOMINO NOSTRO TANCREDO INVICTISSIMO REGE ANNO TERTIO/ ET FELICITER REGNANTE DOMINO NOSTRO GLORIOSISSIMO REGE ROGERIO FILIO EIVS/ ANNO PRIMO MENSE AVGVSTI INDICTIONIS DECIMAE/ HOC OPVS FACTVM EST AD HONOREM EORVNDEM REGVM .

Fontana Tancredi - particolare
(Foto Nolasco)
La parte terminale della via Appia e la fontana furono restaurate nel 1540 (sindaco era Bartolomeo Tomasino) dal governatore della provincia d'Otranto (che fu governatore anche della provincia di Bari nel 1544-45), Ferdinando Loffredo, come ricorda una seconda iscrizione, non più leggibile come la precedente, che si rivolgeva direttamente al viandante, con l'invito a fermarsi e a bere:
AD VIATOREM
APPIA APPIO, FONS TANCREDO REGE AEDITA/ AMBO FERDINANDO LOFFREDO HEROE INSTAVRATA/ QUARE STA BIBE ET PROPERA ET TRIA HAEC COMMODA HIS TRIBVS PROCERIBVS ACCEPTA REFERTO
La fontana grande, che fu di nuovo riparata - e con l'occasione ampliata - nel 1828, forniva acqua abbondantissima e purissima (se ne servivano pure gli ammalati, perché dai medici e dai periti era considerata la migliore in assoluto della città e dei dintorni), non solo per le esigenze dei cittadini e degli animali, ma anche per irrigare gli orti e i giardini che si trovavano lungo quel tratto di costa. La vasca rettangolare era l'abbeveratoio dei cavalli e degli altri animali da tiro. A quel tempo la città e i suoi immediati dintorni erano ricchi di sorgenti d'acqua potabile, spesso in vicinanza del mare, come si vedrà. Una risorsa pressoché completamente distrutta a seguito dello spianamento dei colli e delle alture e, più recentemente, dello scavo di molti pozzi artesiani che hanno sconvolto l'equilibrio naturale e ridotto la grande disponibilità idrica che una volta era assicurata dalle falde freatiche (superficiali e poco profonde, a differenza di quelle artesiane).
L'acquedotto romano
I Romani, grandi costruttori, realizzarono pure a Brindisi, nel I secolo d. C., sotto l'imperatore Claudio (10 a. C. circa-54 d. C.), un acquedotto che portava acqua alla città dalla zona acquifera di Pozzo di Vito (a metà strada tra Brindisi e San Vito dei Normanni, a Nord della strada statale 16, l'Adriatica). Qui fu costruita una grande vasca cilindrica, nella quale confluivano - per mezzo di ben costruiti cunicoli filtranti - le acque degli altri pozzi dei dintorni; lungo la strada per giungere in città (dodici chilometri), l'acquedotto romano raccoglieva le acque di altri pozzi appositamente scavati. Prima di entrare in città ed essere utilizzata per usi potabili, l'acqua veniva depositata nei serbatoi costituiti dalle grandi "vasche limarie", delle quali le parti rimaste - ora restaurate - si trovano a lato del bastione di Porta Mesagne, dove restava per qualche tempo per far precipitare sul fondo il fango (il "limo"). La magnifica volta del grande serbatoio fu demolita, e le vasche furono interrate, allorché si rese necessario - nel 1530 - costruire le nuova mura a difesa della città, cui provvide il generale Ferdinando di Alarçon, per conto di Carlo V d'Asburgo. Le vasche furono scoperte nel 1886, in occasione dello sterro operato nel terrapieno per l'apertura di una strada.
Vasche limarie
(Foto Nolasco)
Un altro serbatoio, comunicante con la rete di quell'antico acquedotto, e cunicoli filtranti furono ritrovati sotto il piano stradale della via Pozzo Traiano, prima della salita S. Dionisio: l'imperatore romano (52-112 d. C.) del quale porta il nome, che si trovava a Brindisi con l'esercito in attesa del tempo favorevole per imbarcarsi per le sue campagne orientali contro Armeni e Parti, ne avrebbe ordinato la costruzione per provvedere di acqua i soldati e i cavalli, evidentemente acquartierati in quell'area, nelle vicinanze del porto. Più che un pozzo sembra un grande deposito (conserva) d'acqua, collegato all'acquedotto che alimentava le fontane della città; sino alla fine dell'800 era detto dai brindisini il "pozzo della città". Altra acqua giungeva in città dal fiume di Celano, chiamato nell'uso popolare Cerano, che per buona parte scorreva "celato" sottoterra.
Nell'attuale porto medio (considerato esterno prima della costruzione del Castello Alfonsino), defluivano le acque di due fiumi, grande e piccolo, una volta denominati "Delta" e "Luciana". Sullo stesso lato, in località Apollinare (da un tempio dedicato ad Apollo), furono ritrovati resti di terme romane, alimentate evidentemente dalla grande disponibilità di acqua dolce. Altri avanzi di antiche terme furono ritrovati nel 1925 in piazza Vittoria, durante i lavori per le fondazioni del palazzo delle Poste, e in piazza Crispi nei pressi del bastione S. Giorgio. Sulla sponda opposta del porto medio vi erano le "fontanelle", sorgenti di acque potabili, celebrate probabilmente da Virgilio nell'Eneide, e - più vicina al canale - la sorgente chiamata dai brindisini "abisso", ma anche pozzo di Plinio, perché fu studiata da Plinio Caio Secondo il vecchio (23-79 d. C.), che scrisse nella sua monumentale "Storia Naturale": 'Brundusii in portu fons incorruptas praestat aquas navigantibus'.
Una volta c'erano due colli all'imbocco dell'attuale canale Pigonati (il più alto era quello posto sul lato del Casale), che furono spianati da Cesare in occasione della guerra civile con Pompeo, per restringere l'accesso al porto interno: da questi e dagli altri colli sgorgavano acque abbondanti e dolcissime. La disponibilità di acqua rendeva il terreno agricolo molto fertile, tant'è che Strabone scrisse: 'Fertilior ager Brundusinus, quam Tarantinus'. Le colline che si affacciano sul porto interno (promontorio di S. Andrea, dove sono ora le chiese di S. Paolo e S. Teresa, il sito delle colonne e, al lato opposto, S. Maria del Monte) erano piene di giardini, di uliveti e vigneti. Una fonte di acqua salata, che nel Medioevo ha dato il nome al rione (pitagio) detto della Fontana Salsa, si trovava tra il Castello grande e S. Paolo. Molta acqua dolce finiva in mare, tra cui quella condotta dai canali Cillarese e Patri, che sboccano nelle insenature del porto interno: il primo nel più lungo seno di ponente, dove sono il termine dell'antica via Appia e il Castello grande; il secondo nel seno di levante.
La fontana de Torres
Piazza della Vittoria comprende le due piazze che nel 1600 erano chiamate piazza dei nobili, o urbana, con il Sedile e la torre dell'orologio, entrambi demoliti; e piazza della plebe, o rustica, dov'era il mercato dei commestibili.
Fontana de Torres
(Foto Nolasco)
Nelle estati 1617 e 1618 scoppiarono a Brindisi delle epidemie che fecero molte vittime, soprattutto tra i soldati e gli ufficiali spagnoli che erano qui di stanza. I cittadini erano costretti ad andare a prendere l'acqua al torrione di S. Giorgio (quasi completamente demolito nel 1865, in occasione della costruzione della stazione ferroviaria e della piazza antistante), che era attraversato dall'antico acquedotto, e perfino alla fontana grande. Il governatore della città, e castellano dell'isola e del forte a mare, era il capitano Pedro Aloysio de Torres, spagnolo di grande capacità e umanità oltre che molto risoluto. Per condurre l'acqua ai cittadini, stabilì di costruire tre fontane all'interno del centro abitato, addebitandone la spesa ai cittadini benestanti, in proporzione alle possibilità di ciascuno, facendo segnare sui muri delle loro abitazioni le somme da pagare sulla base dei compensi spettanti agli operai. Dal "bastione de agua", come gli Spagnoli chiamavano il torrione di S. Giorgio (che - si è visto - distava un centinaio di metri dalle vasche limarie), dal quale nei secoli precedenti il prezioso liquido si era perso attraverso le falde sotterranee in campagna o in mare, l'acqua venne portata a tre fontane appositamente costruite: una, quella di Crisostomo, si trovava nell'angolo della via Conserva, allora estremo limite dell'abitato; un'altra nelle vicinanze del porto, nei pressi della scomparsa Porta Reale (giardini di piazza Vittorio Emanuele), a beneficio soprattutto dei soldati dei galeoni spagnoli che erano nel porto, e la terza - la più importante perché più centrale - nella piazza della plebe, a quei tempi quadrata.
Sulla fontana, costituita da una grande vasca marmorea in cui si raccoglieva l'acqua zampillante da una bella vasca superiore più piccola, pure di marmo, molto simile a un fonte battesimale di epoca più antica, vi era un'iscrizione a ricordo del governatore de Torres che ne era stato il fautore, del re di Spagna Filippo III (1578-1621), e di Pedro Tellez-Giron y Guzman, duca di Osuna (1574-1624), lo spagnolo che fu prima viceré di Sicilia e, dal 1616, viceré di Napoli (accusato di cospirazione, fu richiamato in patria e, incarcerato, morì in prigione). L'iscrizione ricordava anche i danni causati dal normanno Guglielmo I il Malo (1120-1166), e metteva in rilievo l'importante particolare che i lavori si riferivano alla rimessa in efficienza dei condotti romani già esistenti.
PETRO ALOYSIO DE TORRES PRAETORI: QVOD ROMANOS EMVLATUS AVTHORITATE ET INDVSTRIA SUA/ PHILIPPI TERTII REGIS ET PETRI GIRONIS DVCIS OSSVNAE/ PROREGIS AVSPICIIS AC CIVIVM LABORE ET IMPENSA AQVARUM DVCTVS TEMPORVM ET MALI GVLIELMI INIVRIA DESTRVCTOS RESTITVERIT/ ATQVE REPVRGATO FUNICVLO VETERI ET INSTAVRATO FORNICE NOVOS ADSTRUXERIT/ AC SINVOSO TRACTV PER TVBOS FISTVLAS ET SALIENTES IN VRBE PERTRAXERIT/ ORDO POPVLVSQVE BRVNDVSINVS PARTE COMMODITATIS ET ORNAMENTI MEMOR ET GRATVS POST ANNVM SALVTIS MDCXVIII .
Nel mese di marzo 1715 la fontana de Torres, per carenza di manutenzione, non diede più acqua; la fontana di Crisostomo o della Conserva si bloccò due mesi dopo. Il sindaco Stanislao Monticelli le fece riparare e l'acqua tornò a zampillare il 26 ottobre 1715.
La Fontana delle Ancore e quella Monumentale

Fontana delle Ancore
(Foto Nolasco)
La Fontana delle Ancore, che risale al 1937, è quella di piazza Cairoli. L'area assunse una certa importanza dopo la costruzione del primo Teatro Verdi (1901), ma la prima vasca-fontana - grande ma molto semplice, con zampillo centrale - fu realizzata solo nel 1921. Dieci anni dopo, la vasca fu arricchita da quattro basamenti sul bordo esterno, sui quali poggiavano due grosse rane e due tartarughe; la colonnina centrale era costituita da quattro fasci littori che reggevano un'elegante coppa; moltissimi gli zampilli dell'acqua, dal centro al bordo e viceversa, che creavano suggestivi effetti di luce. Sei anni dopo, la fontana fu completamente rifatta a cura e su progetto dell'Ente Autonomo Acquedotto Pugliese, prendendo l'aspetto attuale.
La Fontana monumentale
La fontana monumentale è quella fatta costruire dall'Amministrazione Provinciale nel 1940, su disegno dell'arch. Iginio Grassi di Brindisi, con il contributo del Comune (podestà era Corradino Panico Sarcinella), sull'esedra, la facciata esterna a semicerchio che delimita il belvedere della piazza S. Teresa. Sulle lastre di marmo verde fu posta una semplice iscrizione, l'unica leggibile, dati anche i pochi decenni trascorsi, tra quelle citate:
ANNO DOMINI MCMXL/ XVIII AB ITALIA PER FASCES RENOVATA/ VICTORIO EMMANUELE REGE ET IMPERATORE/ BENITO MUSSOLINI DVCE/ PROVINCIA F. F. (Feliciter Fecit)

Fontana Monumentale
(Foto Nolasco)