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Masseria Lo Spagnulo - Ostuni

 

 Presentazione

Le masserie in terra di Brindisi

Per le masserie: ricreazioni

 

"Scopriamo la nostra terra". II edizione: Le Masserie

  E' stato presentato nei giorni scorsi il volume "Le Masserie in provincia di Brindisi", realizzato dal Laboratorio di Educazione Ambientale della Provincia (LEA), in collaborazione con l'APT di Brindisi, il Provveditorato agli Studi e i Comuni del territorio.

Si tratta di un libro di 52 pagine a colori, in cui i testi descrittivi del prof. Iurlaro e della prof.ssa De Caro accompagnano le stupende immagini fotografiche di alcune tra le più suggestive masserie brindisine. Il volume può essere considerato un valido strumento per scoprire nuovi percorsi turistico-ambientali e naturalistici della provincia brindisina.

"Con questa iniziativa - ha detto il presidente della Provincia - la Provincia ha dimostrato ancora una volta l'interesse e l'impegno verso la tutela naturalistico-ambientale e la valorizzazione turistica del nostro territorio. E' un prodotto facilmente consultabile e leggibile, adatto sia per i tour operators che per gli studenti delle nostre scuole. Colgo l'occasione per ringraziare chi fattivamente ha realizzato questo libro, in modo particolare i Comuni"

Il volume "Le Masserie" sarà distribuito oltre che attraverso i canali istituzionali della Provincia, dei Comuni interessati e dell'APT, anche attraverso la rivista "Italia Turistica" che con le sue 150.000 copie vendute raggiungerà ogni continente.

Questa iniziativa rientra nel progetto "Scopriamo la nostra terra" che il LEA della Provincia di Brindisi, coordinato dal dott. Renato Rubino, sta portando avanti da un paio di anni. La scorsa edizione fu incentrata sulla riscoperta delle Specchie; il tema del prossimo anno sarà lo studio delle Torri costiere. Oltre alla pubblicazione di questo libro fotografico, il progetto prevede lo svolgimento di un convegno, una visita guidata nelle masserie riservata agli studenti delle scuole medie e superiori e un concorso riservato agli stessi studenti. Essi dovranno realizzare o un progetto di riqualificazione della masseria prescelta o un elaborato scritto o grafico sul tema delle masserie. Il premio è un soggiorno estivo nella masseria oggetto di studio.

"Troppo spesso - ha detto l'Assessore provinciale all'Ambiente Vincenzo Balestra - ci dimentichiamo del passato e delle nostre tradizioni. Con questo volume il mio assessorato ha voluto dare un messaggio chiaro e preciso: riqualifichiamo dal punto di vista ambientale queste strutture per non disperdere l'immenso patrimonio lasciatoci in eredità".

Maggio 2002

 

Le Masserie in terra di Brindisi


  Le masserie costituiscono uno degli aspetti più tipici e suggestivi del territorio rurale della provincia di Brindisi. Rappresentano, inoltre, un elemento altamente probante ai fini della conoscenza del rapporto intercorso tra i nostri avi e l'ambiente.

Masseria Bottari -Francavilla Fontana

 Esse si configuravano come floridi centri di vita agricola e sociale strutturati in modo da essere perfettamente autosufficienti. In genere la parte abitativa si presentava sempre secondo schema fisso: tutt'intorno gli ambienti di lavoro con il cortile, le abitazioni dei dipendenti, le stalle e l'aia.

La parte centrale era l'abitazione del padrone e si presentava come l'edificio più vasto.

L'architettura era sostanzialmente spontanea determinata dalle esigenze della vita rurale. Le masserie, inoltre, rispondevano a quel bisogno che l'uomo ha avvertito sin dalle origini di associarsi ai propri simili, di vivere in comunità, di accomunare il proprio lavoro a quello degli altri, di assicurarsi una maggiore difesa da predoni o da pirati.

Il termine "masseria" rinvia a "massae", veri e propri villaggi agricoli fortificati che, in seguito alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, hanno sostituito le "villae" romane per fronteggiare i frequenti pericoli di saccheggio e di devastazione. Si attribuisce ai normanni la trasposizione sul territorio brindisino di un sistema politico-amministrativo d'impronta feudale con la creazione di pochi feudi concessi ad autorità laiche e ad enti ecclesiastici. Nel XII secolo, quando fu necessario un accentramento del potere nelle mani di una solida monarchia, per arginare le rivolte dei baroni e dei conti riottosi, si preferì dividere il territorio in più feudi. Durante la dominazione sveva ed angioina, molti vasti territori di proprietà di feudatari si trasformarono in masserie regie la cui operatività era annualmente controllata da un "mastro massaro", individuo con precise competenze in agricoltura che, nel periodo autunnale, stilava un inventano dei beni della masseria, del numero degli animali, dei costi di produzione e dei prodotti per la semina.

Con le successive dominazioni, aragonese e spagnola, si venne a consolidare ulteriormente il sistema feudale.

L'importanza delle masserie accrebbe parallelamente all'aumento della popolazione ed al conseguente accrescimento delle richieste dei prodotti di immediato consumo da parte delle città. Ai mutamenti storici corrisposero cambiamenti sociali, del paesaggio e dello stesso profilo architettonico delle masserie. Le modeste dimore composte, all'origine, prevalentemente da due vani, gradatamente si andarono completando con le altre strutture che, nel corso dei tempo, subirono rimaneggiamenti ed aggiunte d'ulteriori corpi di fabbrica, rispondenti alle esigenze dell'attività agricolo-pastorale. Pertanto, ne è derivata un'ampia casistica subordinata a precise necessità della produzione agricola e dell'allevamento, oppure da una particolare organizzazione richiesta alll'epoca di costruzione d'ogni singolo impianto oppure da esigenze d'ordine difensivo. Quest' ultima necessità spiega la comparsa di tutti quegli elementi destinati alla difesa dagli attacchi esterni con alti muri di cinta interrotti dal solo portale, i torrioni angolari, le scale a pioli interne o ricavate nello spessore della muratura, il camminarnento lungo il parapetto di coronamento, i ponti levatoi con le garitte, le feritoie e le caditoie in corrispondenza delle aperture. Generalmente, nella masseria fortificata, una torre quadrangolare situata in posizione baricentrica rispetto al recinto, era adibita a residenza del proprietario. Quest'ultima era una costruzione ad uno o più piani, con stanze intercomunicanti e fornita di ponte levatoio, caditoie e feritoie a campana. Dal primo piano si riusciva a comunicare sia con quello sottostante attraverso una botola ed una scala asportabile in legno, sia con il terrazzo mediante una scala in pietra. Il piano terra era utilizzato, di solito, come magazzino.

Attorno alla costruzione erano dislocate le abitazioni dei contadini, la chiesa, i servizi (stalle, depositi) ed il trappeto (frantoio). Masserie come Pettolecchia, Coccaro, Lamacupa e Ottava Grande ubicate nel territorio di Fasano e sviluppatesi intorno ai secoli XVII - XVIII, per la loro posizione geografica non lontana dal mare e protetta dalle colline, rientravano in quella serie di torri interne e masserie fortificate che costituivano una linea di difesa dagli assalti provenienti dal mare, dopo quella delle torri d'avvistamento, collocate lungo la costa.

La tipologia delle masserie di cui è innervato il territorio di Brindisi è sicuramente molto articolata. Ne è conferma la presenza anche d'altri tre gruppi morfologici: masserie con coperture a terrazza ed a pignon, masserie miste a pignon e trulli, masserie a trullo. Si tratta di strutture architettoniche costruite in pietra calcarea o tufo. Nella maggior parte dei casi, erano recintate da muri "a secco" o "a crudo", così definiti perché innalzati utilizzando il calcare compatto offerto dalle colline, senza malta (e quindi senza acqua).

 Masseria Facciasquata - Ceglie

 Lu "jazzu", ossia il rifugio per gli animali di piccole dimensioni (pecore, capre, maiali), costituiva il fulcro dell'economia masserizia, in quanto una parte rilevante degli introiti proveniva dall'allevamento e dalle attività connesse. Nel territorio ostunese, sorge la masseria Satia Piccola che, oltre ad essere tra le più antiche della zona, è anche la più particolare. Infatti, risulta costituita da tre enormi trulli, dei quali, quello centrale è a due piani e perciò denominato Trullo Sovrano. Gran parte delle masserie della provincia di Brindisi possiede, inoltre, una cappella, vale a dire la chiesetta in cui i proprietari ed il contado potevano celebrare il rito cristiano. Nelle masserie, infatti, durante la fase della raccolta, confluiva un cospicuo numero di braccianti che vi dimoravano per periodi piuttosto lunghi svolgendo vari lavori. Le chiese, quindi consentivano alla comunità di santificare la domenica, partecipando alla S. Messa, senza abbandonare il luogo di lavoro. Potevano essere inserite nel corpo di fabbrica oppure trovarsi distaccate rispetto al complesso architettonico abitativo e produttivo. Le loro dimensioni erano legate alla situazione socio-economica dei proprietari ed erano spesso dedicate, per devozione mariana, alla Vergine. Ad esempio, sono numerosi i rilievi scultorei e le tele con l'iconografia della Madonna della Madia, collocati soprattutto nelle masserie più prossime alla costa. Molte chiese, inoltre, conservano dipinti ed affreschi che sono pregevoli attestazioni dell'attività artistica di alcuni pittori o di alcune scuole pittoriche locali.

E' innegabile, dunque, il valore storico, sociale, culturale ed architettonico delle masserie le quali offrono, non solo un valido contributo allo studio dei processi insediativi nel territorio della provincia di Brindisi, ma anche un'autentica testimonianza di quel solido mondo rurale con le sue quotidiane fatiche, con il suo profondo rispetto per l'ambiente e con la sua religiosità.

 

 

Per le Masserie: Ricreazioni

Masseria Pettolecchia - Fasano

   Masseria è voce antica usata, anche attraverso le varianti alla radice massa, nei paesi latini di mezza Europa.

Essa ha avuto e ha significati diversi nelle varie parti d'italia, univoco nel meridione ove ha indicato e indica l'azienda agropastorale, altrove detta fattoria, cascina, casa colonica, tenuta, podere, possedimento. In Maremma significò mandria e gregge così come la intese nel secolo XVI Annibal Caro, traduttore dell'Eneide di Virgilio.

Una nicchia nei vocabolari italiani la voce masseria, regionale massaria, l'ha acquistata per tempo e necessariamente per dare paternità alle proprie derivazioni come massaio, massaia, masserizie, magione, maniero e forse anche mastino.

Il massaio, con la stessa funzione di ogni conduttore di azienda agricola, fu ufficiale di contabilità nei comuni medievali, nei collegi di categorie professionali e poi, addirittura, nell'accademia linguistica della Crusca che ebbe e ha, storicamente, il suo economo in un "accademico massaio". Massaia fu previdente donna di casa. Masserizie significò buona amministrazione; magione, casa; maniero, casa come castello.

Alcuni glottologi hanno ipotizzato che anche la voce mastino sia derivata da massa e da manere perché quei cani, detti di masseria, furono guardiani di casa: altri linguisti hanno legato la stessa voce invece all'antico francese mastin e ambedue come derivate dal latino popolare mansuetus, sempre come con eccezione di casalingo, domestico.

Il significato di masseria come azienda agropastorale è ancora da inserire nei vocabolari italiani perché indichi compiutamente la natura e la funzione dell'insieme di terreni riservati alla semina e al pascolo, degli alloggi per le famiglie, per gli operai e le bestie: cavalli, buoi, pecore, e degli annessi opifici ove si producevano e si stagionavano i formaggi o caci che in Toscana diedero a simili aziende le denominazioni di cascine.

La funzione delle masserie dell'Italia meridionale, e quindi anche dell'area provinciale di Brindisi, sta nella radice del nome storicamente esteso, come già accennato, a gran parte dei paesi d'Europa. Mas indicò anticamente podere, casa di campagna nella Francia, specialmente in Provenza e nella limitrofa Catalogna, così come masa l'indicò nella Spagna.

Queste voci, massa e la pugliese massaria si è ritenuto siano derivate dal latino mansus, participio passato del verbo manere, in cui sono i signifìcati di dimora e di dimorare.

In Continente masseria, libro edito a Ravenna dall'editore Longo nel 1995, non senza questo sapere, ebbi occasione, trattando dei bovari, di scrivere testualmente: "Si diceva, senza contare gli anni, che un giorno loro avessero negli stabulari, ove erano con i buoi, invitato i pastori erranti e i cavallari ladri perché gli uni divenissero produttori di cacio e gli altri agricoltori e carrettieri capaci di portare i prodotti lontano nel mondo".

Il mitico patriarca del continente masseria, che la possanza dei buoi aveva domato e usato sui campi con gli aratri di legno per la semina e sull'aia con le trebbie di pietra per il raccolto del grano, associando a sé agricoltori e pastori aveva dato ai preistorici l'accesso alla storia e alla specie umana, ancora errante, l'occasione per divenire residenziale, permanente nelle mansiones dette poi masse e masserie.

Tutto ciò è oggi nella memoria storica. La natura e la funzione delle masserie non sono più verificabili, come non furono più luoghi per preghiere e ascesi mistiche le grotte degli anacoreti dell'antica Tebaide e delle nostre contrade quando i tempi mutarono e il monachesimo si organizzò nei conventi. Allora si avverarono le profezie di quei santi che i luoghi delle loro preghiere pensarono dovessero divenire, come di fatto sono divenute pure con le immagini di Cristo e dei santi affrescati sulle pareti, ripari per pastori, stalle per bestie, tane di volpi, nidi di rapaci.

 Masseria Sansone - Ostuni

Le masserie non sono più i luoghi deputati in cui permanevano, dimoravano massai con le proprie famiglie, operai e bestie per coltivare terre, produrre formaggi e tenere, come oasi negli spazi tra i centri urbani: città, casali, terre, costante il controllo sull'ambiente perché non inselvatichisse più di quanto utile per essere praticabile pascolo per le capre che furono qui associate, con il loro stesso nome, ai cervi.

Con i buoi si impiegavano giorni e giorni per coltivare quanto oggi si può coltivare in poche ore con un mezzo meccanico. Le bestie nelle masserie dovevano essere tante e sempre proporzionate ai campi produttivi perché gli escrementi, curati ad arte, erano i concimi organici oggi sostituiti dai fertilizzanti chimici.

Non vi sono piu masserie in cui la sera si accendevano, come in chiesa la notte di Pasqua, invocando il nome di Cristo, le lucerne a olio che davano fioca luce nelle stalle ove le bestie riposavano sopra strame d paglia e gli uomini, semivestiti, sopra sacchi di iuta pieni anch'essi di paglia.

Gli aratri di legno, appena rinforzati dai puntali di ferro o vomeri, costruiti dai bovari sono nei musei della civiltà contadina con i ventilabri e quant'altro fu usato sui campi e sulle aie.

I pastori non vanno più con le borse di pelle di pecora a tracolla vigilando sui greggi a sbucciare le fave che, cotte nelle caldaie di rame, come pastone più che purè, erano le quotidiane minestre da mangiare con un filo d'olio, se calde, o con aceto e cipolla cruda se fredde.

Le strutture delle masserie: torri di difesa, muraglie dei cortili, stalle, ombracoli sono ancora, ma cedono alle pressioni delle radici dei capperi e di quelle più pressanti dlei caprifichi; cedono per l'abbandono e perché spogliati dei pavimenti e degli infissi che i proprietari o i profìttatori trasferiscono, come anticaglie, nelle case del paese o nelle ville al mare.

 Masseria Incantalupi - Carovigno

 Vi sono masserie ove le stalle, non più tali, ospitano festose comitive al seguito di sposi. La funzione loro è cosi mutata da luogo di lavoro in luogo di ristoro e di festa.

Le masserie, in cui non stagionale ma permanente è la residenza della famiglia del proprietario, e solo di quella e non più degli operai giornalieri delle sei ore, in tutta l'area della provincia di Brindisi finiranno col contarsi sulle dita delle mani. Sarà deluso chi ancora pensa di trovare in esse quel mondo antico in cui il silenzio doveva essere incombente perché le chiocce covassero fìno alla schiusa delle uova e alla nascita dei pulcini e le altre bestie gravide non avessero traumi acustici, spaventi e abortissero. Sarà deluso se in esse vorrà ancora vedere aggiogati i buoi aratori o al guado le pecore per essere munte dai pastori.

Non si caglia più il formaggio con l'erba, detta caglio, nè con il latte fermentato negli stomaci degli agnelli che non avevano ancora brucato erba ed erano stati venduti al macellaio. Il caglio oggi si acquista in flaconi in farmacia.

Il cacio e ricotta, stracchino nostrano, non si ricava più dal latte magro delle pecore gravide che brucavano d'estate, dopo la mietitura, le stoppie nei campi nè si caglia con il lattice degli steli di fico.

Non s'incontra più nelle masserie la rassegnata gente che attendeva la pioggia e pregava e si fiagellava perché piovesse o salmodiava formule magiche per allontanare la grandine. Si vedono invece irrigati i campi con l'acqua tirata su dalle idrovore elettriche da vertiginose profondità di pozzi artesiani. Le assicurazioni con il versamento di una somma cautelativa garantiscono contro ogni infortunio. Non si vedono più attorno agli acquari, in altri tempi riserve d'acqua piovana preziosa nelle torridi stagioni estive, le bisce confuse con le anguille depostevi dentro per contenere la crescita di certi vermi inquinanti, rossi come sangue. Né si vedono gli arcaici scranni con tre piedi, essenziali ed economici, anche nella fattura.

Nessun pastore, di quelli che oggi indossano i camici igienici e hanno i guanti alle mani, sa che per far accettare a una pecora che ha perduto il suo agnello, l'agnello non suo, si usava strofinare la creatura sopra le parti più intime di quella bestia perché fosse familiare l'odore e prendesse, come si usava dire anche per gli uomini, l'uno il tanfo dell'altro. Erano allora anche i gatti resi domestici con la costrizione del guinzaglio o corda legata da una parte al loro collo e dall'altra a una scarpa vecchia della massaia per memorizzare l'odore del piede di chi viveva più tempo in casa.

Le strutture degli ombracoli, dei capanni, delle stalle, dei cortili al pianoterra non avevano determinate e fisse destinazioni d'uso. Secondo necessità gli uomini se le scambiavano con le bestie.

Al primo piano, ove era l'appartamento o la torre, viveva la famiglia del massaio, anche questa non senza le bestie tra i piedi: pulcini, colombini, coniglietti, per nutrirsi o da vendere ed essere peculiare interesse economico delle donne.

La civiltà agropastorale, durata a lungo fino all'avvento della luce elettrica e della meccanizzazione, rimasta immutata negli usi e nei costumi per millenni, non è più. I pastori, che descritti nella Bibbia non sembravano diversi da quelli dell'ultimo dopoguerra come i bovari descritti da Esiodo e i carrettieri figurati in monumenti egizi, sono ormai soltanto nella storia e nella letteratura.

Visitando le masserie ancora abitate, e forse più quelle abbandonate, ognuno per suo conto potrà ricreare quel mondo, al meglio, mitizzando magari ove necessario, e ricrearlo escludendo le sofferenze individuali date dalla fame durante le carestie, dalle perdite di animali e di parenti durante le epidemie, di costrizioni e schiavitù quando si era presi in ostaggio e portati oltremare. Così le incursioni dei pirati: turchi e barbareschi, e dei briganti: delinquenti comuni o patrioti come si dissero, discutibilmente, quelli che, insufflati dai Borbone spodestati, offesero l'ordine pubblico nei primi decenni dell'unità d'Italia, possono essere anche ricostruite come saghe che spesso si concludevano in tanto sangue versato da innocenti.

Nell'area della provincia di Brindisi, aperta a oriente sull'Adriatico sempre infido e chiusa da una cresta di colline a nord-ovest e una depressìone già paludosa a sud-est, le masserie non furono mai strutturate architettonicamente su unico modello. Ve ne sono di emergenti con torri di difesa, caditoie sopra porte a finestre, ponti levatoi alle scale, garitte con feritoie ai quattro cantoni, e di povere, quasi occulte per la loro apparente pochezza strutturale.

Tutte meritano d'essere salvate, ma è d'obbligo la scelta; difficile come la scelta delle proposte operative tendenti a fermare, ove possibile, il degrado e la perdita di tanta storia politica, economica e artistica.

Potrebbero molte masserie, anche se ruderi, con liberale intesa tra pubblico e privato, essere inserite in itinerari utili a ricostruire, in maniera più particolareggiata, anche il paesaggio dell'area provinciale, già piana dei messapi, costellata da altre misteriose torri, dette specchie, e poi particellarizzata con muretti di pietre a secco che tanto si dice impressionarono, anche se non ne scrisse, Guido Piovene durante il suo Viaggio in Italia compiuto dal 1953 al 1956.

Si potrebbe così in Puglia, e nella Provincia di Brindisi, scoprire, attraverso i toponimi che indicano le masserie, come alcune di esse furono già stazioni di posta sull'Appia traianea al tempo dei romani: Ottava grande e Ottava piccola, e altre, doni degli sposi longobardi alle spose il giorno dopo le nozze: Morginkap, Maracciccappa, e altre ancora memorie remote di abbattuti boschi di lecci: Viscigli, di macchie di lentisco: Restinco, di garriche di ferule: Fergola.

Il ricordo di vegetazioni, ove riproponibili, costituirebbero un esemplare inedito orto botanico sul territorio, monumento in memoria di tutti quelli che vissero nelle masserie anche prima che nei centri urbani, polis, civitas, per essere politici e civili, come Cleiton per il quale il poeta magnogreco Leonida da Taranto nel IV secolo a.C. scrisse monumentale il ricondo che ho voluto fosse anche ricordo monumentale di mio padre:

 

"Qui il breve campo di Cleiton e il solco
stretto pronto alla semina;
qui la piccola vigna e là il boschetto
per la legna: e su questo
spazio Cleiton ha passato ottanta anni".

 

Stemma della Provincia di BrindisiProvincia di Brindisi
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Azienda di Promozione Turistica
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della provincia di Brindisi

Testi:
"Masserie in terra di Brindisi"
di Nicoletta De Caro
"
Per le masserie: ricreazioni"
di Rosario Jurlaro

Foto:
Federico Meneghetti
Giampaolo Senzanonna

 

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