Il 22 dicembre 2000 fu presentato, nel salone di rappresentanza della Provincia, un grande ed elegante volume, "Viaggio in Terra di Brindisi", voluto e realizzato dall'Assessorato Provinciale alla Cultura, e scritto dalla direttrice del Museo Archeologico Provinciale, Angela Marinazzo, per un pubblico vastissimo (non solo dei cultori e degli appassionati di storia locale). Stampato con molta cura dall'Editore Adda di Bari, è ora nelle librerie al costo di £. 100.000. Ne tratteggiamo brevemente le caratteristiche essenziali e i contenuti per ciò che riguarda, in questa parte, la storia della provincia.

Il "Viaggio in Terra di Brindisi" di Angela Marinazzo
Il primo completo ritratto della provincia
Un notevole impegno politico-amministrativo, oltre che organizzativo, della Provincia, e la grande passione della Direttrice del Museo Archeologico Provinciale, hanno consentito di realizzare la più completa, aggiornata e chiara descrizione del territorio e della popolazione della provincia: dalla storia ai beni culturali e ambientali; dall'economia alle tradizioni, ai costumi, ai riti.
Un volume elegante, bellissimo, molto illustrato con foto inedite, alcune eccezionali, che dovrebbe andare in tutte le famiglie della provincia (anche in quelle che non hanno una biblioteca) per essere letto, consultato e trasferito ai figli e ai nipoti. Un volume che dovrebbe entrare nelle scuole di ogni grado della provincia, come libro di lettura e di studio, per appassionare i bambini e i giovani alla terra e alla cultura in cui vivono, con l'augurio che l'Editore ritenga conveniente farne presto un'edizione economica (con una selezione delle foto più belle), alla portata degli studenti e della maggior parte dei cittadini.
Tre caratteristiche rendono il libro unico nel panorama editoriale della nostra provincia: l'armonioso equilibrio di testo e immagini, quasi tutte inedite; l'attenzione e lo spazio che sono dedicati a tutti e venti i Comuni, non solo al Capoluogo; e, infine, la felice combinazione di rigore e precisione scientifica nella trattazione, e di grande sensibilità e partecipazione umana con le quali sono svolti, ad esempio, i capitoli riguardanti le tradizioni, che rendono il volume di facile e piacevole lettura. Bellissima la parte sulla gastronomia locale, che oltre a rappresentare uno degli aspetti più importanti dal punto di vista economico, rivela tanti particolari nascosti della storia e della civiltà non solo materiale dei nostri Comuni.
L'opera rappresenta il punto di arrivo di tremila anni di storia (che qui si riassumono nelle linee essenziali), ma nello stesso tempo è il punto di partenza per nuovi traguardi; perché indica la strada da seguire per conservare, migliorare e tramandare nelle migliori condizioni possibili il ricco patrimonio di cui disponiamo. E' pure il modo migliore per mantenere saldi i legami che uniscono a questa terra i tanti brindisini lontani, per ricordare il luogo da cui sono partiti e in cui si augurano di poter tornare.
La storia antica
Fu tra il XII e l'XI secolo avanti Cristo che le popolazioni locali, che erano entrate in contatto e quasi certamente si erano fuse con popoli di origine cretese-micenea, come documentano i numerosi reperti archeologici, subirono l'invasione, più o meno pacifica, di genti provenienti dall'opposta sponda dell'Adriatico, gli Illiri, di lingua indoeuropea. Con questi diedero vita a una popolazione con caratteristiche peculiari, gli Iapigi-Messapi, che costruirono le prime città fortificate, in buona parte tuttora esistenti, e la rete stradale rimasta nelle sue linee generali invariata in quasi trenta secoli.
Brindisi: Resti di mura messapiche - Foto coll. Pennetta
I Messapi fondarono o fortificarono centri come Brindisi, Mesagne, Oria (Uria; ma il luogo per la sua posizione privilegiata sarebbe stato in precedenza abitato, secondo Erodoto, dai Cretesi di Minosse), Carovigno (l'antica Karbina), Ceglie Messapica, li Castelli, dov'è ora San Pancrazio Salentino, Pezza Petrosa nei pressi di Villa Castelli; ma anche Egnazia, Valesio e Muro Tenente, abbandonati per vari motivi e divenuti i più importanti siti archeologici della provincia. A quei tempi, la terra di Brindisi disponeva di tre porti: quello di Egnazia a Nord (la città sarebbe stata distrutta dai Goti nel VI secolo e mai più ricostruita), quello di Brindisi, il maggiore dei tre, al Centro, e quello di Valesio a Sud (la città fu distrutta nel 1157 dal re normanno Guglielmo I). Agli ultimi due porti venivano inviati, per la spedizione, i prodotti della terra di Taranto, e Oria ne era il centro di smistamento; a significarne l'importanza in epoca messapica, Strabone riferisce che vi era una reggia, ancora esistente al tempo di Augusto.
Il territorio dell'attuale provincia di Brindisi, con il Salento, fu conquistato dai Romani nel 267-266 a. C.; la città di Brindisi, in particolare, divenne colonia latina nel 244 a. C. e municipio nell'89 a. C. Al tempo dei Romani, i nostri maggiori prodotti agricoli erano l'olio, il vino e il frumento. Oltre a Brindisi, anche Oria conservò la primitiva importanza, tant'è che i Romani vi fecero passare la via Appia. Successivamente, nel 109 d. C., l'imperatore Traiano fece lastricare la via che da lui prese il nome e che, seguendo la costa, attraversava Egnazia prima di proseguire verso Benevento e Roma. A quell'epoca, Brindisi fabbricava - nelle fornaci di Apani e Giancola - le ànfore con le quali i nostri vini e oli raggiungevano i porti della Grecia, dell'Egitto, della Siria e del Mar Nero.
La storia medievale
Con la crisi e la fine (nel 476) dell'Impero Romano d'Occidente e il dominio dei Bizantini, il territorio brindisino decadde per lungo tempo, a causa anche delle frequenti guerre tra i Goti e i Greci e le incursioni dei Saraceni.
I primi luoghi di culto cristiano risalgono al IV e V secolo, e ai secoli successivi gli insediamenti rupestri, più numerosi lungo la costa tra San Vito e Fasano. Nel VII secolo i Longobardi saccheggiarono Brindisi e si insediarono a Oria, che fu preferita anche come sede del vescovado. Le popolazioni si spostarono dalle zone costiere verso quelle interne, dov'era più facile nascondersi e difendersi; ma pure Oria dovette subire il saccheggio da parte dei Saraceni.
Brindisi risorse con i Normanni (circa mille anni fa), che elevarono la sede episcopale ad arcivescovado e costruirono chiese e castelli ancora esistenti. Il porto divenne base importante per le crociate e la popolazione tornò ad abitare le città costiere. Anche gli Svevi, con Federico II, furono grandi costruttori: eressero il castello "di terra" a Brindisi, là dov'era il termine della via Appia, e ampliarono i castelli di Mesagne e di Oria.

Assedio di Cesare a Pompeo nel porto di Brindisi nel 48 a.C.
(incisione del 1619 attribuita al Palladio)
Il potenziamento del nostro porto continuò per merito degli Angioini, che ne fecero lo scalo principale per l'espansione in Oriente, ma anche per andare alla conquista della Sicilia: tra l'altro, riattivarono il vecchio arsenale dei Romani. Nel 1450 circa, il principe di Taranto Giovanni Antonio del Balzo Orsini, per difendere meglio la città, provocò l'interramento del canale (che sarebbe stato in seguito chiamato Pigonati) che collegava il porto interno a quello esterno (un espediente tattico che 14 secoli prima era stato utilizzato da Cesare nella guerra contro Pompeo). Le acque stagnanti causarono la malaria, che nei secoli successivi sarebbe stata la causa principale della stasi economica, dell'elevata mortalità, e di un ritorno della popolazione verso le aree, più salubri, dell'interno. Gli insediamenti rurali si svilupparono soprattutto nei territori di Francavilla, San Vito, Ostuni, Fasano.
Con gli Aragonesi e il nuovo, grave pericolo rappresentato dai Turchi, che nel 1480 avevano preso Otranto, le aree costiere furono di nuovo fortificate (tra l'altro, con le torri di avvistamento) e ripopolate. Particolare è il caso di Torchiarolo, dove furono costruite case e corti fortificate circondate da un robusto muro di cinta, interrotto solo da un portale sovrastato da una caditoia, per difendersi dalle rapide incursioni dei Turchi che sbarcavano di notte per saccheggiare e catturare gli abitanti, che vendevano come schiavi.
La storia moderna e contemporanea
Dal XVII secolo in poi i Comuni interni tornarono a svilupparsi, per merito dell'incremento demografico e la diversificazione delle colture agricole (frutta, soprattutto). Fu allora che il feudo degli Imperiali a Francavilla e Oria raggiunse l'àpice della sua potenza.
Il porto di Brindisi fu riaperto al transito delle grandi navi mercantili per merito dei Borboni, che disposero (in due riprese) lo scavo e la risistemazione del canale Pigonati. Ma la rinascita della città avvenne in concreto nel 1870 con l'inizio del funzionamento della cosiddetta "Valigia delle Indie", la linea ferroviaria e marittima che collegava rapidamente (per quei tempi) , attraverso il nostro porto e il canale di Suez, Londra a Bombay e Calcutta (il collegamento ebbe termine nel 1914, alla vigilia della Grande Guerra).
Castello di Mesagne - Foto coll. Nolasco
Tra la fine dell'800 e i primi del 900 si sviluppò a Brindisi, San Pietro, Mesagne, Ostuni e Fasano, l'industria di trasformazione dei prodotti agricoli, e si diffusero in particolare gli stabilimenti vinicoli e oleari. A Brindisi sorsero le fabbriche di botti per l'invio oltremare del vino, lontane eredi di quelle fornaci (Apani e Giancola), che producevano le ànfore che trasportavano, ai tempi dei Romani, i nostri vini e oli in numerosi porti del Mediterraneo.
Alla vittoria italiana nella Grande Guerra contribuirono molto l'ampiezza e la sicurezza del nostro porto e le industrie meccaniche brindisine, che lavorarono in quell'occasione a ritmi forzati e occupando un gran numero di operai.
L'inizio del 1927 vede l'istituzione della provincia di Brindisi con venti Comuni, per la grande maggioranza legati alle vicende storiche del capoluogo e da interessi economici comuni, che si sono rinsaldati in questi decenni.
Nei primi anni 60 a Brindisi, già sede di imprese meccaniche e aeronavali, fu realizzata una grande industria petrolchimica, che ha dato lavoro a tecnici e operai (molti ex contadini) provenienti non solo da tutta la provincia ma anche dalle province e regioni limitrofe, e che ha determinato lo sviluppo in tutto il territorio degli istituti professionali e tecnici industriali.
Con la crisi della grande industria chimica di base, si sono verificati un lento movimento migratorio di tecnici e operai specializzati verso altre province (soprattutto del Nord), e un graduale ritorno degli operai generici all'agricoltura più qualificata e redditizia. Le colture più importanti restano tuttavia, come oltre 2000 anni fa, la vite, l'ulivo e il frumento.